martedì 28 settembre 2010

Tree of Men - Christian Biasco








Christian Biasco nasce in Ticino (Svizzera) nel 1973, da emigranti italiani. 
Dopo la laurea in matematica e diverse esperienze di lavoro decide di dedicarsi a tempo pieno al teatro, portando in scena "Novecento" di Alessandro Baricco e "BARicco SPORT". 
Fra il 2002 e il 2003 segue stage intensivi presso il Roy Hart Theatre e consegue il diploma di analista del movimento con il metodo Laban/Bartenieff.
Nel 2004 debutta con il documentario teatrale "L'origine del Male. Storia di una controversa teoria sull'origine dell'AIDS", trasmesso anche in prima serata dal canale italofono della televisione nazionale svizzera. Il progetto si è poi trasformato anche in una ricerca sociologica sulle origini dell'AIDS all'interno di un DEA in storia della medicina presso l'Università di Ginevra.
Dal 2007 si occupa principalmente di produzione video per il web.



"L'origine del Male. Storia di una controversa teoria sull'origine dell'AIDS", è uno stupendo documentario teatrale scritto, diretto, interpretato da Christian Biasco.
Il mio consiglio è quello di vederlo, su youtube il link è questo: 
http://www.youtube.com/watch?v=zSbu-p99Hpk
altrimenti qui c'è il racconto, ma, come ben saprete, non si può raccontare il teatro..


La trama
Alla fine degli anni 50, un virus delle scimmie, denominato SV40, fu involontariamente trasmesso a milioni di persone attraverso i vaccini antipolio di prima generazione. Fortunatamente questo virus non sembra avere conseguenze nelluomo, ma solo per caso fu sfiorato un disastro sanitario di vaste proporzioni.
L'HIV, il virus che provoca l'AIDS nell'uomo, ha il suo progenitore nelle scimmie.
È possibile che l'HIV, come l'SV40, sia stato trasmesso dalle scimmie all'uomo attraverso un vaccino antipolio sperimentato in Africa alla fine degli anni 50?


Dopo più di tre anni di ricerche rigorose, interviste, confronti con esperti di diversi campi, Christian Biasco presenta al pubblico il suo spettacolo, da lui definito un documentario teatrale, in cui non racconta la storia di un personaggio, ma quella di un'idea sull'origine dell'AIDS: la teoria del vaccino orale antipolio contaminato con un virus delle scimmie.
Lo spettacolo ripercorre la storia e l'evoluzione della teoria del vaccino orale antipolio, attraverso gli articoli, i dibattiti, i sostenitori e gli oppositori, gli argomenti e le critiche, gli attacchi e le censure, i misteri e i colpi di scena, cercando di offrire un quadro il più esaustivo possibile di questa controversia scientifica complessa e dai possibili gravi risvolti sociali e politici. Lo spettacolo diventa poi il pretesto per raccontare dell'Africa coloniale, dell'etica nella sperimentazione, della lotta alla poliomielite, del funzionamento della scienza moderna, ma soprattutto delle nostre responsabilità come cittadini che hanno il diritto e il dovere di informarsi e conoscere.
L'AIDS è probabilmente la malattia più mediatica e mediatizzata, eppure quanto conosciamo su di essa?
Lo scopo del lavoro non è quello di attaccare la scienza o di condannare le campagne di vaccinazioni, ma al contrario vuole invece coinvolgere il pubblico a partecipare nella discussione di temi scientifici e a sviluppare un proprio senso critico.
Troppo spesso il pubblico non specialistico, ritenuto per definizione incompetente, resta alloscuro di temi scientifici complessi (oppure ne riceve una versione banalizzata), lasciando alla coscienza dei soli scienziati o di compagnie private, il compito di decidere di questioni etiche che invece dovrebbero coinvolgere lintera società.

"Ho scelto il teatro perché è un luogo privilegiato, dove persone in carne ed ossa si incontrano, si divertono, si appassionano. Ma il teatro è anche il mezzo di comunicazione più umano", dice Biasco.

Nella versione teatrale la regia è stata curata da Mariela Reyes Hernandez, giovane attrice e regista di origine venezuelana, formatasi presso il Taller Experimental de Teatro (TET) di Caracas.


I protagonisti
- Tom Curtis: Giornalista americano e autore dell’articolo “L’origine dell’AIDS” (testo in inglese), pubblicato nel 1992 su Rolling Stone.
- Bill Hamilton: Biologo dell’evoluzione dell’università di Oxford e professore-ricercatore della Royal Society di Londra. Forse il più eminente sostenitore della teoria del vaccino orale antipolio.
- David Ho: “Inventore” degli inibitori della proteasi, una nuova classe di farmaci anti-HIV. Uomo dell’anno 1996 per Time.
- Edward Hooper: Autore della più lunga e dettagliata ricerca sull'origine dell'AIDS, culminata con la pubblicazione del libro “The River”, nel 1999. È il più attivo sostenitore della teoria del vaccino orale antipolio e sulla sua homepage si trova la maggior parte del materiale e ogni aggiornamento (in inglese). homepage di Edward Hooper
- Hilary Koprowski: Virologo e inventore di una serie di vaccini orali antipolio sperimentati su larga scala in particolare nell’allora Congo Belga.
- Gerasmos Lecatsas: Virologo sudafricano che per primo ha proposto esplicitamente una possibile relazione fra vaccini antipolio e HIV.
- Brian Martin: sociologo della scienza dell’Università di Wollongong in Australia. Ha difeso la teoria del vaccino orale antipolio, in quanto caso evidente di soppressione di dissenso. La sua pagina raccoglie la maggior parte della documentazione presente in rete sul tema (in inglese). homepage di Brian Martin
- Louis Pascal: filosofo e ricercatore indipendente. Padre "fondatore" della teoria del vaccino orale antipolio, nel 1987. Il suo articolo (testo in inglese) è però stato pubblicato solamente nel 1991.
- Albert Sabin: virologo che ha sviluppato una serie di vaccini orali antipolio che ancora oggi vengono utilizzati.
- Jonas Salk: virologo che ha sviluppato il primo vaccino antipolio inattivato sicuro ed efficace. Ispirato al 'Cast of Characters' contenuto nel libro di Edward Hooper, “The River”


La Teoria
La teoria del vaccino orale antipolio sull'origine dell'AIDS propone che l'epidemia si sia sviluppata a causa di vaccini contaminati, usati nella prima campagna di immunizzazione di massa contro la poliomielite. La teoria risulta plausibile per diverse ragioni:

- Esiste una fortissima coincidenza spaziale. I primi casi di AIDS sono stati registrati in Africa Centrale, nella stesse regioni in cui sono stati sperimentati i vaccini Koprowski su più di un milione di persone fra il 1957 e il 1960;
- Anche a livello temporale, le coincidenze sono impressionanti. Non ci sono casi documentati di AIDS o d'infezione da HIV prima del 1959. Secoli di commercio di schiavi e sfruttamento coloniale dell'Africa hanno esposto gli Africani e altri a tutte le altre malattie conosciute; è improbabile che l'HIV potesse essere presente e diffondersi in Africa senza essere percepito;
- I vaccini antipolio sono prodotti utilizzando reni di scimmia che potrebbero essere stati contaminati da un virus dell'immunodeficienza delle scimmie (SIV) progenitore dell'HIV. La maggior parte delle scimmie Africane sono naturalmente infette da questi virus, ma non si ammalano. I vaccini antipolio non potevano essere testati contro la contaminazione di questa famiglia di virus prima del 1985;
- È diffusamente conosciuto nel mondo medico che un altro virus delle scimmie, l' SV40, è stato trasmesso involontariamente a milioni di persone attraverso i vaccini antipolio. Un lotto specifico del vaccino di Koprowski si è dimostrato essere contaminato da uno sconosciuto virus;
- Per permettere a un virus di infettare una specie differente, è consigliabile ridurre la resistenza del sistema immunitario del ricevente. Il vaccino antipolio di Koprowski è stato somministrato a molti neonati con meno di un mese di vita, quando ancora il loro sistema immunitario non era completamente sviluppato. Addirittura, in una sperimentazione, fu somministrata ai bambini una dose 15 volte superiore alla normale per assicurare l'efficacia dell'immunizzazione.


Se la teoria fosse corretta, avrebbe delle serie implicazioni etiche e politiche. 
In particolare, si pone l'attenzione ai pericoli della trasmissione di agenti patogeni fra specie attraverso le vaccinazioni, gli xenotrapianti (trapianti di organi animali nell'uomo), etc... che potrebbero condurre a nuove varianti di AIDS o a altre nuove malattie.


Spero lo possiate vedere..



venerdì 24 settembre 2010

Tree of Mind - Ernst Von Glasersfeld II


[SEGUE]

Considerazioni su spazio, tempo e concetto di identità 
(parte seconda)

La realtà in cui le cose sono e perdurano è così saldamente radicata nel modo in cui pensiamo, che essa sembra assolutamente indispensabile.
Berkeley, che si interrogò se un albero che cade nel fitto della foresta produca un suono, subì l’indignazione e fu ridicolizzato come un folle. Ma, come spesso succede, ridicolo e indignazione servirono  per nascondere la sensazione di imbarazzo.
Berleley, infatti, aveva toccato un punto sensibile. Aveva capito che concetti quali “albero” e “cade” e “produrre un suono” contengono, come parti integranti, delle relazioni; di conseguenza, per conoscere ciascuna di queste relazioni, il conoscitore doveva porle.
Il sospetto che ogni concetto comportasse una qualche azione da parte di chi concepiva era, sembra, nell’aria a quel tempo. Vico lo affermò in maniera decisa: i fatti sono il risultato di un facere, che è la traduzione latina di “fare”..
Era un’idea scomoda.
Minava la nozione tradizionale di verità e la solidità di tutto ciò che si voleva considerare “reale”.
Ciò che uno faceva da solo difficilmente poteva essere considerato avere quella perenne affidabilità che si vuole attribuire al mondo reale.

[CONTINUA]



Tree of Mind - Ernst Von Glasersfeld


Lo Spazio, crediamo, è il luogo dove stanno le cose e il Tempo è ciò che fornisce loro la durata, che le fa essere ancora là quando le riguardiamo.
Dicendo “le cose sono” o “sono là”, ci convinciamo che “esistono”, e ciò che “esiste”, pensiamo, deve farlo , senza curarsi in alcun modo della nostra percezione o della nostra esperienza.
Il monte Etna si eleva sulla Sicilia come una torre senza preoccuparsi dei siciliani, Monnalisa sorride sia che il Louvre sia o no aperto al pubblico, e il fiume Inn scorre attraverso l’Engadina anche quando nessuno mette a bagno un dito nelle sue acque gelide.
Tutto questo (e anche di più ) è ciò che crediamo essere la realtà. Il monte, il sorriso dipinto e – nonostante ciò che ha sostenuto Eraclito – persino il fiume che scorre, si suppone abbiano il loro posto e rimangano ciò che sono. Devono conservare la loro identità devono rimanere gli stessi individui, o altrimenti, smettere di esistere.
Non sembra esserci un gran problema in questo.
La penna che tengo in mano non diventa un’altra penna mentre voi la guardate. Siete piuttosto sicuri di questo – almeno fino a quando non avete visto un baro fare un gioco di abilità con le carte. Allora capite immediatamete che le cose possono cambiare identità sotto i vostri occhi.
È una questione di velocità – e la velocità dopo tutto è il quoziente di spazio e tempo.
La conservazione dell’identità individuale potrebbe essere un problema maggiore di quel che sembra.
Lo spazio è il medium nel quale le cose conservano o, a seconda del caso, cambiano la loro posizione; il tempo è il medium nel quale esse devono mantenere la loro identità affinchè non spariscano come “cose” e vengano ridotte ad apparizioni momentanee.


[CONTINUA]

mercoledì 22 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Se parlassimo più spesso delle cose che interessano la vita dell’anima, le sole cose che contano per il progresso vero di ognuno di noi, discuteremmo meglio del destino. Abbiamo invece progredito di poco dal giorno in cui Aurelio affermava: “Vive da solo con gli Dei chi mostra sempre l’anima soddisfatta del suo destino”.
E la Sfinge rimane ancora l’eterno quesito posto all’umanità inquieta del suo vivere.
Intanto, tutti i destini sono favorevoli per all’evoluzione della nostra vita.
Ma il destino è come il vento: quello che gonfia le vele e l’altro che rende difficile reggere il timone. E bisogna diffidare dei destini di cosiddetta fortuna.
I destini più positivi sono invece quelli contro vento: gli inquieti, i travagliati, i martoriati.
Incontrare il nostro destino è quindi certamente scritto. Accettarlo o rifiutarlo, comprenderlo o fraintenderlo, interpretarlo o lasciarlo ai piedi della Sfinge, è nostra assoluta libertà individuale.
Il vero destino dunque sta nella collaborazione intima e cosciente tra quello che ci è offerto sulle vie della vita e la nostra stessa anima..

Nino Salvaneschi, Consolazioni

Tree of Men - Marcos Lopez

Marcos Lopez, fotografo di Santa Fè (1958).
Vive e racconta Buenos Aires.
Si definisce un "fotografo pop".
Adora dedicarsi alle atmosfere popolari da bar, agli oggetti inutili, agli accessori insignificanti e prendersi gioco delle iconografie esistenti per deformarle a suo piacere.
Ama l'eccesso, lo spettacolo e le immagini sconvolgenti: è in grado di produrre immagini che spiazzano, che fanno ridere o irritano.
I suoi ritratti non sono l'occasione per una ricerca psicologica, ma si affermano come costruzione di archetipi che fanno parte dell'interpretazione di una civiltà fatta di immigrati, affascinata dai suoi immensi spazi, fortemente attratta da tutto quello che viene dagli Stati Uniti anche mentre afferma di rifiutare e detestare la cultura americana.

I princìpi del suo lavoro sono semplici: inscenare delle situazioni tragicomiche, con dei personaggi emblematici, strambi, esagerati, inquietanti, esilaranti, irreali..





















martedì 21 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi





Vi sono anime nate sotto il segno dell’amore, e altre create per quello del dolore: quasi tutte rientrano in queste due grandi famiglie spirituali. Del resto, Novalis diceva che ogni anima è sorella della gioia e della sofferenza. Credo piuttosto che ognuna abbia i suoi giorni di gelo e le sue ore di sole. Il peso del destino le differenzia dando una luce diversa.
Credo anche che l’amore ed il dolore siano gli eterni ritmi del mondo. Entrambi possono degradarci o innalzarci, donarci le vertigini delle vette o quelle degli abissi, immergerci nella luce o piombarci nelle tenebre; entrambi divenire buoni alleati o cattivi padroni, mezzi di espansione o di limitazione, di rinuncia o di rivolta. Entrambi infine ci sono offerti dal nostro destino affinché l’anima si riconosca e si battezzi per l’eternità.
Nell’amore bisogna fare come l’ape che ama i fiori non per la loro bellezza, ma per trarne il nettare necessario al miele; nel dolore come l’ostrica che ricucire la propria ferita con una perla.
Ma se l’amore non dà miele e il dolore non mostra una perla, siamo di fronte a due surrogati dell’amore e del dolore..


Nino Salvaneschi, Consolazioni



domenica 19 settembre 2010

Tree of Men - Alexander Gronsky

I grandi paesaggi desolati della Russia post-sovietica sono il tema principale delle fotografie di Alexander Gronsky (Estonia, 1980).
Nella serie Less than one il fotografo estone ha ritratto alcune aree del paese dove la densità di popolazione è inferiore ad un abitante per chilometro quadrato.
In The edge ha documentato le periferie di Mosca durante l'inverno.
In Endless night ha fotografato Murmansk, la città più grande all'interno del circolo polare artico. Ogni inverno i suoi 300mila abitanti vivono al buio per due mesi.

Gronsky è considerato un fotografo di paesaggi, ma con una prospettiva diversa da quella tradizionale: con i suoi scenari desolati riscopre la nozione di psico-geografia e analizza gli effetti dell'ambiente circostante sulle emozioni e sui comportamenti delle persone.



giovedì 16 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Non vi sono dunque destini troppo oscuri o troppo umili. Vi son soltanto anime che non comprendono il loro destino. Altre che lo interpretano male. Altre infine che lo degradano.
E soprattutto non dicono mai: «Questo non ci doveva capitare». Ogni cosa destinata a noi arriva al momento voluto per darci un insegnamento, e se la via è sbarrata, si aprirà un’altra strada ad un nuovo crocicchio.
Ma tutti possiamo nobilitare il nostro destino e metterci alla ricerca della felicità. Basta scegliere i propri entusiasmi e vivere ardendo per qualcosa o per qualcuno.
Non tutti siamo dei soli capaci di rischiarare i firmamenti, ma ognuno può divenire la fiaccola che riscalda un cuore..

Nino Salvaneschi, Consolazioni

mercoledì 15 settembre 2010

Tree of Mind - L'encyclopèdie



Se l'albero enciclopedico non era che uno degli infiniti alberi possibili, se nessuna mappa era in grado di fissare la topografia indeterminata del sapere, come potevano sperare Diderot e D'Alembert di poter limitare la sfera del conoscibile? L'albero della conoscenza umana può essere tracciato in vari, infiniti modi, e la natura non ci offre che oggetti particolari ed infiniti..



"L’esigenza di ordinare e classificare i fenomeni si estendeva ben oltre gli archivi della polizia impegnata a tener d’occhio uomini come Diderot: era al centro dell’impresa più grande dello stesso  Diderot, l’Encyclopédie. Ma quando si esprimeva attraverso la stampa questa esigenza assumeva una forma che può sfuggire all’attenzione del lettore moderno. Di fatto, il testo supremo dei Lumi può apparire quanto mai deludente a chi lo consulta sperando di trovarvi le radici ideologiche della modernità. Per ogni osservazione contraria alle ortodossie tradizionali l’Encyclopédie contiene migliaia di parole sui modi macinare il grano, fabbricare gli spilli e coniugare i verbi. I suoi diciassette volumi in-folio accolgono una tale congerie di informazioni su tutto l’esistente, dalla A alla Z, che vien fatto di domandarsi perché abbia scatenato una simile tempesta nel Settecento. Cosa distingueva l’Encyclopédie da tutti gli eruditi compendi che l’avevano preceduta?
[…] Si potrebbe rispondere che era il rapporto tra informazione e ideologia che nell’Encyclopédie sollevava molti interrogativi di ordine generale sui nessi tra sapere e potere. Si consideri, ad esempio, un dotto libro di tutt’altro genere, l’enciclopedia cinese immaginata da Jorge Luis Borges e commentata da Michel Foucault in Le parole e le cose. Essa divide gli animali in: « a) appartenenti all’Imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d)lattonzoli; e) sirene; f) favolosi; g) cani randagi; h) inclusi nella presente classificazione; i) arrabbiati; j) innumerevoli; k) disegnati con un finissimo pennello di peli di cammello; l) et cetera; m) che fanno l’amore; n) che da lontano sembrano mosche». Questo sistema di classificazione è significativo, secondo Foucault, per l’intrinseca impossibilità di pensarlo. Ponendoci di fronte a una serie inconcepibile di categorie, esso mette a nudo l’arbitrarietà del nostro modo di ordinare le cose. Noi ordiniamo il mondo in funzione di categorie che diamo per scontate semplicemente perché sono date. Queste categorie occupano uno spazio epistemologico anteriore al pensiero e hanno per questo una straordinaria capacità di durata. Quando però ci troviamo di fronte ad un modo alieno di organizzare l’esperienza, noi avvertiamo la fragilità delle nostre categorie, e tutto minaccia di crollare. Noi non esitiamo a classificare come cani un pechinese e un danese anche se in apparenza il pechinese potrebbe avere più punti in comune con un gatto e il danese con un pony. Se ci fermassimo a riflettere sulle definizioni di “caninità” o sulle altre categorie usate per mettere ordine nella vita, non potremmo mai tirare avanti nel mestiere di vivere.
Incasellare dati è dunque un esercizio nell’uso del potere. […] Un libro che finisce nello scaffale sbagliato può sparire per sempre. Un nemico definito subumano può essere annientato. Tutta l’azione sociale scorre entro i confini determinati da schemi di classificazione, e non ha importanza se questi siano o no elaborati in modo così esplicito come i cataloghi delle biblioteche.
[…] Per insultare qualcuno, lo chiamiamo topo, non già scoiattolo. “Scoiattolo” può esprimere tenerezza, ed è il caso dell’epiteto usato da Helmer per Nora in Casa di Bambola. Eppure gli scoiattoli sono roditori, pericolosi e portatori di malattie non meno dei topi: sembrano meno minacciosi perché appartengono inequivocabilmente all’ambiente esterno. Sono invece gli animali “ibridi”, quelli che non sono né carne né pesce, a possedere poteri speciali e, quindi, un valore rituale: ad esempio i gatti nelle pozioni delle streghe occidentali. Peli, pezzetti d’unghia e feci entrano anch’essi nelle pozioni magiche perché rappresentano le ambigue zone di confine del corpo, dove l’organismo trabocca nel mondo materiale circostante. Tutte le frontiere sono pericolose. A lasciarle incustodite potrebbero crollare, le nostre categorie potrebbero crollare, e il nostro mondo dissolversi nel caos.
Istituire categorie e sorvegliarle è dunque un affare serio. Un filosofo che tentasse di ridisegnare la mappa e i confini del mondo del sapere metterebbe le mani sul tabù. Anche se si tenesse alla larga dai temi sacri, non potrebbe evitare il pericolo; perché il sapere è intrinsecamente ambiguo. Come i rettili e i topi, può scivolare da una categoria all’altra. Può mordere. Per questo Diderot e D’Alembert corsero rischi enormi quando disfecero il vecchio ordine del sapere e tracciarono nuove frontiere tra il noto e l’ignoto".

Naturalmente i filosofi avevano cominciato fin dal tempo di Aristotele a spostare i mobili e a modificare l’arredamento dell’intelletto...

Robert Darnton, Il grande massacro dei gatti e altri episodi della storia culturale francese (1984)

Book therapy - Nino Salvaneschi



Non vi sono destini senza significato e tutti hanno una luce.
Esistono anime che no sanno interpretare il senso nascosto del loro destino. Altre si sbagliano di prospettiva e piazzano in una sfera più lontana o più bassa quello che è veramente essenziale. Altre rifiutano di comprendere e si ribellano se il destino si rivela con un nome di sventura. Del resto, tutti diamo rilievo a persone, fatti e passioni che con lo svolgersi degli avvenimenti, ci accorgiamo appartenere ad un piano secondario o essere al di là della cerchia delle nostre possibilità spirituali.
Troppe volte siamo ciechi di fronte a situazioni, che pur trasformandosi nei  dettagli, si mantengono inalterate nelle linee principali e si ripetono a diversi momenti della nostra vita con sistematica insistenza, perché appunto hanno un valore di avvertimento. Altre volte rimaniamo sordi a certi richiami che si rinnovano martellanti come un leit-motiv della nostra sinfonia vitale.
Quello che conta è valutare il nostro ritmo interno, cioè la ragione intima e profonda della vita. Non avanziamo di un passo finché non interpretiamo il nostro destino..


Nino Salvaneschi, Consolazioni.

martedì 14 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi


Sono il cantastorie cieco all’angolo della via. Leggi questo foglio e volta.
Non attendere la fortuna alla porta della tua casa. Forse non passerà di là: va al suo incontro cercando la verità.
Vivi nella verità, anche se sino ad oggi hai vissuto nella menzogna: solo così potrai vedere i segni del tuo destino.
Non dissetarti a tutte le fonti che trovi: la felicità sta nell’aver sempre sete.
Se il piacere ti invita per un giro di danza, puoi anche star seduto, ma se l’amore ti fa cenno, guarda se lo riconosci.
Se la sventura ti cerca, non nasconderti: qui o altrove, oggi o domani ti troverà, poiché è fatta per te. Va verso di lei, invece, e chiedile qual è l’insegnamento che ti reca.
Se il dolore ti tocca su una spalla, dagli la mano e rispondi: son qui...

Nino Salvaneschi, Consolazioni

domenica 12 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi


E devo anche ammettere che da questa mia posizione in margine alla vita degli altri, faticando ogni ora per tenere il passo di tutti, ho provato una gioia inaspettata. Intanto da questo mio posto privilegiato, che ogni giorno rinnova le esperienze di fronte ad ostacoli inattesi, ho potuto vedere uomini e cose, passioni e destini sotto una luce diversa. Così spogliati delle loro vanità, svestiti delle loro febbri, arrestati in piena corsa verso le effimere méte delle felicità quotidiane, molti destini mi son parsi più chiari nei loro simboli.
D’altra parte la felicità non è nell’allargare sempre maggiormente la cerchia dei propri desideri, ma nella capacità di godere delle piccole cose che germogliano sul sentiero di ogni destino. E gli occhi corporali sanno più guardare che vedere…
Interpretare i destini e comprenderne i simboli è certo battere alla porta della verità...

Nino Salvanechi, Consolazioni.

sabato 11 settembre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Da dieci anni sono diventato cieco. Posso dire dunque che oggi nella mia vita metto per una seconda volta i pantaloni lunghi.
Da dieci anni ho incatenato la mia libertà e vivo in una casa dalla finestre chiuse. Ma ogni catena è un’ala e ogni prigione un mondo. E poi ho avuto tutto il tempo di scavare dentro di me per ritrovare ancora un po’ d’azzurro.
Così, sono venuto annotando qualche pagina che regalo a me stesso e ai miei amici per il mio compleanno di festa.
Certo: sono un cattivo esempio da non imitare, ma devo ammettere che senza questo mio destino, sarei forse su altre strade e ancora alla ricerca di me stesso. E mi sono anche accorto che la mia cecità mi permetteva di guardare con simpatia le sofferenze degli altri e vedere in faccia l’amore..

Nino Salvaneschi, Consolazioni.