mercoledì 15 settembre 2010

Tree of Mind - L'encyclopèdie



Se l'albero enciclopedico non era che uno degli infiniti alberi possibili, se nessuna mappa era in grado di fissare la topografia indeterminata del sapere, come potevano sperare Diderot e D'Alembert di poter limitare la sfera del conoscibile? L'albero della conoscenza umana può essere tracciato in vari, infiniti modi, e la natura non ci offre che oggetti particolari ed infiniti..



"L’esigenza di ordinare e classificare i fenomeni si estendeva ben oltre gli archivi della polizia impegnata a tener d’occhio uomini come Diderot: era al centro dell’impresa più grande dello stesso  Diderot, l’Encyclopédie. Ma quando si esprimeva attraverso la stampa questa esigenza assumeva una forma che può sfuggire all’attenzione del lettore moderno. Di fatto, il testo supremo dei Lumi può apparire quanto mai deludente a chi lo consulta sperando di trovarvi le radici ideologiche della modernità. Per ogni osservazione contraria alle ortodossie tradizionali l’Encyclopédie contiene migliaia di parole sui modi macinare il grano, fabbricare gli spilli e coniugare i verbi. I suoi diciassette volumi in-folio accolgono una tale congerie di informazioni su tutto l’esistente, dalla A alla Z, che vien fatto di domandarsi perché abbia scatenato una simile tempesta nel Settecento. Cosa distingueva l’Encyclopédie da tutti gli eruditi compendi che l’avevano preceduta?
[…] Si potrebbe rispondere che era il rapporto tra informazione e ideologia che nell’Encyclopédie sollevava molti interrogativi di ordine generale sui nessi tra sapere e potere. Si consideri, ad esempio, un dotto libro di tutt’altro genere, l’enciclopedia cinese immaginata da Jorge Luis Borges e commentata da Michel Foucault in Le parole e le cose. Essa divide gli animali in: « a) appartenenti all’Imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d)lattonzoli; e) sirene; f) favolosi; g) cani randagi; h) inclusi nella presente classificazione; i) arrabbiati; j) innumerevoli; k) disegnati con un finissimo pennello di peli di cammello; l) et cetera; m) che fanno l’amore; n) che da lontano sembrano mosche». Questo sistema di classificazione è significativo, secondo Foucault, per l’intrinseca impossibilità di pensarlo. Ponendoci di fronte a una serie inconcepibile di categorie, esso mette a nudo l’arbitrarietà del nostro modo di ordinare le cose. Noi ordiniamo il mondo in funzione di categorie che diamo per scontate semplicemente perché sono date. Queste categorie occupano uno spazio epistemologico anteriore al pensiero e hanno per questo una straordinaria capacità di durata. Quando però ci troviamo di fronte ad un modo alieno di organizzare l’esperienza, noi avvertiamo la fragilità delle nostre categorie, e tutto minaccia di crollare. Noi non esitiamo a classificare come cani un pechinese e un danese anche se in apparenza il pechinese potrebbe avere più punti in comune con un gatto e il danese con un pony. Se ci fermassimo a riflettere sulle definizioni di “caninità” o sulle altre categorie usate per mettere ordine nella vita, non potremmo mai tirare avanti nel mestiere di vivere.
Incasellare dati è dunque un esercizio nell’uso del potere. […] Un libro che finisce nello scaffale sbagliato può sparire per sempre. Un nemico definito subumano può essere annientato. Tutta l’azione sociale scorre entro i confini determinati da schemi di classificazione, e non ha importanza se questi siano o no elaborati in modo così esplicito come i cataloghi delle biblioteche.
[…] Per insultare qualcuno, lo chiamiamo topo, non già scoiattolo. “Scoiattolo” può esprimere tenerezza, ed è il caso dell’epiteto usato da Helmer per Nora in Casa di Bambola. Eppure gli scoiattoli sono roditori, pericolosi e portatori di malattie non meno dei topi: sembrano meno minacciosi perché appartengono inequivocabilmente all’ambiente esterno. Sono invece gli animali “ibridi”, quelli che non sono né carne né pesce, a possedere poteri speciali e, quindi, un valore rituale: ad esempio i gatti nelle pozioni delle streghe occidentali. Peli, pezzetti d’unghia e feci entrano anch’essi nelle pozioni magiche perché rappresentano le ambigue zone di confine del corpo, dove l’organismo trabocca nel mondo materiale circostante. Tutte le frontiere sono pericolose. A lasciarle incustodite potrebbero crollare, le nostre categorie potrebbero crollare, e il nostro mondo dissolversi nel caos.
Istituire categorie e sorvegliarle è dunque un affare serio. Un filosofo che tentasse di ridisegnare la mappa e i confini del mondo del sapere metterebbe le mani sul tabù. Anche se si tenesse alla larga dai temi sacri, non potrebbe evitare il pericolo; perché il sapere è intrinsecamente ambiguo. Come i rettili e i topi, può scivolare da una categoria all’altra. Può mordere. Per questo Diderot e D’Alembert corsero rischi enormi quando disfecero il vecchio ordine del sapere e tracciarono nuove frontiere tra il noto e l’ignoto".

Naturalmente i filosofi avevano cominciato fin dal tempo di Aristotele a spostare i mobili e a modificare l’arredamento dell’intelletto...

Robert Darnton, Il grande massacro dei gatti e altri episodi della storia culturale francese (1984)

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