giovedì 21 ottobre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Ma prima di accettare bisogna comprendere.
Talvolta questa comprensione è così lenta che può sembrare un’interminabile agonia, e quando al termine del nostro travaglio interiore ci accorgiamo che in ogni dolore vi è una rinascita, siamo stupiti dei nuovi orizzonti scoperti.
Altre volte poi ci siamo sentiti circondati da tenebre improvvise, ma non bisognava aver timore: è sempre la notte che feconda l’aurora. Nulla di troppo oscuro se Dio ci illumina, e non vi sono abissi quando Dio li colma.
Se infine poi per un caso doloroso qualsiasi, fossimo costretti ad una rinuncia progressiva, e definitiva delle cose esteriori, ci convinceremmo forse che ad ogni limitazione del piano fisico corrisponde un’espansione in quello dello spirito. Allora ogni rinuncia materiale si trasforma in possesso spirituale.
Comprendere quindi non è altro che allargare i limiti della propria coscienza..

Nino Salvaneschi, Consolazioni (1933)

martedì 19 ottobre 2010

Tree of Mind - Ernst Von Glasersfeld III



[SEGUE]


Considerazioni su spazio, tempo e concetto di identità 
(parte terza)




Juan Caramuel, un nobile spagnolo che divenne vescovo di Vigevano nella seconda metà del XVII secolo, fu forse il primo a parlare esplicitamente delle costruzioni concettuali della mente. Fu anche il primo, almeno nel mondo occidentale, a capire che un sistema numerico non doveva essere necessariamente decimale. Tra una dozzina di quelli che egli progettò,  fino a quello con base 12, c’era anche il sistema binario che oggi è usato nei computer. Sembrava amasse i numeri, e alcuni dei suoi pensieri sulle radici della matematica e dell’algebra, erano molto all’avanguardia rispetto alla sua epoca. Più di 30 anni prima che Vico e Berkeley pubblicassero i loro rispettivi trattati nel 1710, Caramuel sapeva che “il numero è una cosa della mente”. Dimostrò il punto con una deliziosa storiella:


«C’era un uomo che parlava nel sonno. Quando l’orologio suonò la quarta ora, egli disse: “Uno, uno, uno, uno – questo orologio deve essere matto – ha suonato l’una quattro volte”. L’uomo chiaramente aveva contato quattro volte un colpo, non il battere delle quattro. Aveva in mente, non un quattro, ma uno preso quattro volte; ciò va a dimostrare che il contare e il considerare più cose contemporaneamente sono attività diverse. Se avessi quattro orologi nella mia biblioteca e tutti e quattro suonassero l’una nello stesso momento, non potrei dire che hanno suonato le quattro, ma dovrei dire che hanno suonato l’una quattro volte. Questa differenza non è insita nelle cose, non è indipendente dalle operazioni della mente; dipende anzi dalla mente di colui che conta. L’intelletto, dunque, “fa” i numeri e non li “trova”; considera diverse cose come distinte ciascuna in se, e come intenzionalmente unite dal pensiero».


Non conosco nessun’altra precedente menzione di “operazioni della mente”. Locke usò il termine per specificare un oggetto di riflessione, Vico lo usò ripetutamente nel suo rivoluzionario trattato epistemologico  e Berkeley certamente implicava una tale attività costruttiva in diverse note del suo Commonplace Book.  Tutti loro vennero dopo Caramuel, e nesuno di loro cercò di specificare in dettaglio che cosa queste operazioni potessero essere e come potessero funzionare.



[CONTINUA]



Book therapy - Nino Salvaneschi



Se un giorno il dolore batte alla tua casa non gridare, non sprangare porte e finestre, ma apri.
Non dire che si è sbagliato di uscio, che non è la tua ora e che doveva andare dal vicino, ma spalanca la porta perché entri.
Dagli il posto d'onore.
Siediti vicino a lui.
Offrigli la ciotola dell'ospite atteso. E soprattutto non lamentarti: la tua voce ti impedirà di ascoltare la sua parola, dato che abbia subito qualcosa da rivelarti.
E fa attenzione, perché vicino al dolore sta sempre l'angelo invisibile e muto che ad momento esatto ti apparirà, per farti segno di curvare il capo..

Nino Salvaneschi, Consolazioni (1933)

Book therapy - Nino Salvaneschi



Non preoccuparti dunque, se quella che credi sia la felicità ti sfugge sempre, poiché è come l’orizzonte: più ti avvicini e più si allontana.
Cammina accordando il passo con la méta. Non affrettarlo per possedere le illusioni che ti precedono sempre. Non lasciarti raggiungere dai ricordi che ti sono alle calcagna. Una speranza canti battendo il passo. Non dare il ritornello al coro dei rimorsi. Non voltarti indietro se non per valutare il punto in cui ti trovi. Ai crocicchi, sosta per interpretare i segni del tuo destino; e presa una decisione non tornare indietro.
Dissetati alle fonti pure. Rallegrati di tutto ciò che vedi. Cogli le belle occasioni. Consola le anime che incontri. Rialza chi cade. Abbraccia chi soffre.
E oltrepassato il mezzo del cammino, prosegui guardando in alto: la tua méta è là..

Nino Salvaneschi, Consolazioni (1933)

lunedì 18 ottobre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Così, interpretare il nostro destino dovrebbe condurci alle soglie della felicità.
Ma forse vi sono due felicità di vario formato e ampiezza: per i cuori comuni e per i grandi cuori.
Ad esempio, Romain Rolland dice: "La felicità è conoscere i propri limiti ed amarli".
Vero, fino ad un certo punto. Se la felicità affermata dalle facili sentenze vuol dire accontentarsi della propria piccola sorte, sia. Ma non bisogna assolutamente amare questi limiti come ci appaiono.
La vera felicità sta in una continua espansione dell'anima. Bisogna allargare i propri limiti dell'amore e del dolore. Non si ama mai abbastanza. Non si soffre mai troppo.
Solo amando al di là delle nostre forze, conquistiamo la saggezza. Solo soffrendo oltre le nostre immediate possibilità, superiamo il destino.
Se infine tutti amassimo meglio e soffrissimo di più; se tutti portassimo un peso maggiore di quello che ammettiamo di poter sostenere, la vita avrebbe presto più rose che spine e il mondo diventerebbe un giardino.
Ma bisogna che l'amore impari a servire e il dolore a cantare..


Nino Salvaneschi, Consolazioni (1933)

giovedì 14 ottobre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi



Purtroppo molti non intendono  il valore dei crocicchi. Eppure spesso, con un’insistenza veramente singolare, il destino torna a presentarci la stessa verità sotto altra veste e diversa luce. E vi è un affettuoso accoramento in questa sua insistenza, come se proprio si rattristasse che non comprendiamo.
Ma se al termine del nostro viaggio,  ci accorgiamo che il destino ci ha presentato solo una volta una data occasione, notiamo anche che ci ha fatto sostare a cinque o sei determinati crocicchi, per sciogliere un caso o una passione lasciati insoluti.
I crocicchi sono dunque le pause spirituali che il ritmo troppo accelerato della vita ha ormai eliminato dalle nostre abitudini: intermezzi che dànno valore alle sinfonie.
Non per nulla, del resto, nel medioevo, ad ogni crocicchio si alzava un crocifisso per benedire le soste e la scelta, il cammino e la méta. Ora ai crocicchi vi sono le segnalazioni stradali, i depositi della benzina e i posti del telefono..

Nino Salvaneschi, Consolazioni (1933)

martedì 12 ottobre 2010

Tree of Mind - Fecondazione Assistita



Trent’anni fa il biologo inglese Robert Edwards, padre della fecondazione assistita, fu accusato di volersi “sostituire a Dio” con i suoi “bambini in provetta”, ed il suo governo gli negò i fondi per la ricerca. La settimana scorsa è andato a lui il premio Nobel per la medicina, ricordandoci come il miglioramento delle condizioni di vita può far accettare delle tecniche considerare in passato molto controverse. Oggi in tutto il mondo 4 milioni di persone devono la vita al lavoro di Edwards. Negli Stati Uniti il 3% delle nascite dipende da una fecondazione assistita.
La chiesa cattolica si oppone ancora, ma tante voci contrarie tacciono di fronte alla felicità di molti genitori. Quando gli scienziati supereranno le resistenze alle cellule staminali embrionali e riusciranno ad usarle per curare il diabete, le lesioni alla spina dorsale o il morbo di Parkinson, probabilmente succederà la stessa cosa.
Le due scoperte, la possibilità di fecondare l’ovulo fuori dal corpo e quella di estrarre le cellule staminali dall’embrione, sono collegate: la ricerca sulle staminali utilizza gli embrioni non usati dalla fecondazione in vitro. Il motivo di opposizione a questa pratica è che estrarre le staminali si distrugge l’embrione. Ma oggi sono ben pochi quelli che opporrebbero alla fecondazione assistita, pur sapendo che anche in questo procedimento possono essere distrutti degli embrioni.
Quando nel 1971 le autorità scientifiche britanniche respinsero la loro richiesta di finanziamento, Edwards e il suo collaboratore, Patrick Steptoe, si rivolsero ai privati. Senza poter disporre con continuità di fondi pubblici, anche gli scienziati statunitensi che studiano le cellule staminali embrionali si sono dovuti rivolgere ai privati.
Quando i medici saranno in grado di dimostrare  gli straordinari vantaggi che la tecnologia delle staminali comporta per i loro pazienti, ogni resistenza apparirà insensata. Se il congresso degli Stati Uniti fosse più lucido e abolisse il divieto di finanziare con denaro pubblico la ricerca sulle staminali, sarebbe un passo importante. Così un giorno potremmo avere non solo la nascita di tanti bambini permessa dagli studi di Edwards, ma anche la guarigione di milioni di persone afflitte da malattie devastanti..

giovedì 7 ottobre 2010

Tree of men - La Duchessa Medina Sidonia



Questa storia inizia qualche anno fa, su rai 3.
Incrocio per caso una trasmissione di Syusy Bledy, ma non era “Turisti per caso”, era qualcosa di diverso ma fatto con la stessa simpatia. 
Si chiamava “Misteri per caso” ed era una serie di puntate – circa 10 – dedicate ad alcuni ‘errori’ o ‘fraintendimenti’ storici.
Non c’è bisogno di sottolinearlo: si tratta di una bella trasmissione, mai più andata in onda, e nemmeno più esistente nelle teche rai.
Qualche anno fa una rivista di nome Hera decide di pubblicare i dvd di “Misteri per caso”: ogni mese un dvd.
Wow!! Che bello!
Esce il primo dvd, esce il secondo ed il terzo, poi stop.
Stop!
"La rivista ha cambiato direttore, editore o cose di questo tipo.." mi dice l’edicolante.
Sì, ma.. e i dvd annunciati?
Avevo fatto in tempo a vedere i primi nove episodi sulla rai, ma che rabbia!
Il più bello era senza dubbio quello relativo a Cristoforo Colombo e la scoperta dell’America.
Argomento noioso, da sussidiario elementare, eccetera eccetera.
Tuttavia l’ho trovato sbalorditivo per questi due aspetti:
1- Syusy ricostruisce assieme alla Duchessa Medina Sidonia la geo-politica del quattrocento attraverso le carte geografiche, le mappe e le rotte che dimostrano come nel continente americano si andava ‘normalmente’ anche prima di Colombo, e ci andavano un po’ tutti: spagnoli, portoghesi, inglesi, olandesi e..
2- Islamici! Nel libro della Duchessa Medina Sidonia “Africa versus America” appare una cosa che, sinceramente, mi aveva lasciato di sasso: nel continente americano c’era una comunità mussulmana prima di Colombo. A suffragio di queste tesi la Duchessa porta documenti dell’archivio di famiglia, essendo lei una discendente della famiglia dei Sidonia che aveva finanziato il viaggio di Colombo..


Il libro “Africa versus America” è stato pubblicato a Madrid grazie all’intervento dell’Università/Comunità islamica di Siviglia.
Molto è spiegato in questo sito: http://www.marcostefanelli.com/america


Buona lettura


L'intervista alla Duchessa Rossa.

Questa è la trascrizione integrale dell'intervista alla Duchessa Rossa incontrata da me, Syusy.
Se la forma e i periodi e non sono perfetti, abbiate pazienza. Abbiamo dovuto tradurre dal francese parlato da persona di lingua spagnola.
Comunque, in un'intervista come questa, ciò che conta è la sostanza.
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[PRIMA PARTE]
Le mappe
Syusy: Sono molto contenta di averla incontrata. Da tempo m'interrogo su i misteri attorno alla figura di Cristoforo Colombo. Qui in Andalusia ho trovato sul sito Internet webislam il contatto con lei.
Duchessa: E io sono contenta di poter parlare di questo perché in Spagna non siamo in molti a coltivare dubbi su quest'argomento.
Syusy: Allora cominciamo dai misteri sulle mappe geografiche antiche che tracciano precisamente la terra com'è molto prima che fosse esplorata completamente in epoca moderna.
Duchessa: Le carte esistevano, lo dico nel mio libro. Tutto ciò che dico nel mio libro è documentato.
(Mi mostra un libro sugli interrogatori di Colombo facente parte di una collana degli Archivi delle Indie).
Questo e’ un procedimento contro Diego, il figlio di Colombo. In questo documento molte persone, marinai che hanno viaggiato con Colombo, fanno le loro deposizioni. Nel quarto viaggio ci sono 3 testimoni che parlano del problema delle carte. Tutti avevano delle carte. Gli stessi marinai facevano delle carte. Colombo si arrabbia con un suo servitore perché ha passato una carta a Rouan de la Cosas. Colombo, infatti, aveva come amico il bibliotecario del Papa Innocenzo VIII che gli cedette una carta. Bisogna sapere, infatti, che in quei tempi il Papa si considerava sovrano di tutti i territori che non erano cristiani. Colombo arriva a Palos e comincia ad organizzarsi per andare alle Americhe, con la carta del Papa. Ma era vietato a tutti coloro che non erano signori di Palos di andare per quelle rotte. Anzi, più esattamente si poteva andare a pescare ma non a commerciare. Questo divieto è espresso con un’ordinanza del 1485 contenuta nel mio archivio.
Syusy: L'archivio dei Medina Sidonia, la sua è la famiglia più importante dell’Andalusia e l'archivio contiene gli incartamenti relativi a parecchi secoli di storia spagnola.
Duchessa: Si. Dunque, c’erano delle carte ma sono tutte sparite. E la spiegazione c'è.
Syusy: Quale?
Duchessa: Carlo V ordinò di cercare tutte le carte nautiche, pubbliche e private, le mappe ecc., di distruggerle e farne delle nuove. Le mappe di allora sono state distrutte.
Syusy: Perché?
Duchessa: Per nascondere che si andava in America. E in questo luogo che veniva chiamato "Guinea", per nascondere che si andava là. Le terre oltreoceano, come abbiamo detto, erano del Papa e già nel 1430 Martino V aveva diviso le terre americane tra i prediletti: gli spagnoli e i portoghesi. Il Papa aveva vietato a chi non era Portoghese o Spagnolo di recarsi oltreoceano. Chi andava senza permesso sarebbe stato scomunicato. Martino V ha posto questo divieto: si doveva avere il permesso del Portogallo o di Castiglia, in caso contrario non si poteva andare. Però ci andavano lo stesso tutti!
I genovesi ci andavano, gli inglesi ci andavano e altri vi andavano, ed è per questo che è scoppiata la guerra della Guinea da parte della Regina cattolica, perché tutti ci andavano. Che cosa succede quando Carlo V vuole favorire così la Spagna?
Semplicemente prende impulso il progetto dello scisma in Inghilterra.

[PARTE SECONDA]
Syusy: L’Inghilterra diviene protestante e quindi si libera dal potere papale che promuove la Spagna.
Duchessa: Esatto, la storia si è " fatta " così, dunque la storia per gli storici ortodossi "deve" essere così. Tutte le cose che non rientrano in questa storia sembrano impossibili!
E’ impossibile pensare che una Signora possedeva un pappagallo prima della scoperta dell’America, ma io possiedo il documento nel quale si parla di questa dama che aveva un pappagallo, ma non ne parlano perché non è accettabile per la storia ufficiale. In uno scritto datato prima della scoperta dell’America si parla di mais. Gli storici dicono che probabilmente si tratta di un errore. Un momento, ma se dicono mais significa che conoscevano il mais.
Syusy: Dunque conoscevano il mais e i pappagalli prima della scoperta di Colombo!
Duchessa: Nella cronaca di Alonzo de Palencia, morto nel 1412, prima che Colombo partisse, si parla del mais. Ma gli storici non lo riportano!
Syusy: Io capisco che stiamo parlando di un periodo storico tesissimo: era l’epoca dell’Inquisizione, ci si metteva un attimo ad essere tacciati di eresia ed ad essere scomunicati..
Duchessa: ...Avevano ragione di avere paura perché le rappresaglie erano e sono terribili..
Syusy: Anche oggi?
Duchessa: Anche oggi
Syusy: Come "anche oggi"?
Duchessa: Non posso raccontarglielo perché stiamo parlando di un’altra cosa. Posso dirle, però, che le rappresaglie sono terribili.
Syusy: Ma l’inquisizione è finita.
Duchessa: Si sviluppa sotto un’altra forma..
Syusy: Siamo arrivati allo Scisma d’Inghilterra.
Duchessa: Lo scisma in Inghilterra costrinse Carlo V e il re del Portogallo a dimostrare al mondo che l'America era stata scoperta da loro, quindi era loro di fatto, perché in questo modo erano stati loro i primi ad essere andati là.
Syusy: Colombo ha detto fino alla fine che aveva trovato le Indie. Ma sapeva che non erano in realtà le Indie?
Duchessa: I testimoni definiscono l’America col nome di Guinea. Questa terra che chiamavano Guinea un certo Palenzia riteneva che si trovasse a 1.000 miglia dal Gualdalquivir, distanza in cui si trova l’America.
Syusy: Effettivamente quando sono stata a Capo Verde, che è un’isola vicino all’Africa ho saputo che dei marinai con una barca, in 15 giorni, sono arrivati, trasportati dal vento e dalla corrente, in Brasile. Gli alisei portano matematicamente là.
Duchessa: In 20 giorni le barche riescono, ora e allora, ad attraversare l’Oceano: scivolano come se fossero in discesa, è scritto su di un documento che ho esaminato. Rientrare era molto più complicato.
Syusy: In effetti dovevano risalire fino alle Azzorre.
Duchessa: Non necessariamente ma dovevano giungere sino al 30° parallelo. Nel 1525, Oviedo scrive che delle barche hanno impiegato 25 giorni da Santo Domingo a San Lucar. Dipendeva dal periodo dell’anno in cui partivano; generalmente si trattava di piccole barche. Il più grande che avevano nel XV secolo era di 45 tonnellate non di più. Le migliori erano quelle di 12 tonnellate che andavano a remi e a vela. Era lo stesso sistema utilizzato da Ulisse.
Syusy: Se c’era bonaccia si andava a remi, come Ulisse, come i Fenici, come i Vichinghi!
Duchessa: Nel mio libro " Africa versus America" spiego come si è giocato sull'equivoco parlando di luoghi africani mentre si trattava di luoghi americani. Il primo capitolo del libro è il più semplice. Voglio che leggendo le prime 18 pagine il lettore si renda conto che gli storici o si sono sbagliati o che si stanno burlando di noi.

[PARTE TERZA]
Syusy: Avrà sentito parlare delle miniere d’oro vicino a Tombouctou; i neri arrivavano con dell’oro sulle spalle, c’era questo mercato dove si scambiavano il sale.
Duchessa: Le miniere d’oro non erano miniere ma piuttosto luoghi dove le persone portavano l’oro per scambiare le merci e la porpora. La miniera d’oro era chiaramente situate tra San Luis in Brasile, l’Orinoco e il Minas Gerais. La più preziosa era a San Tomé vicino all’Orinoco. Ci sono 2 lettere di Condo de Condomar, dell’ambasciatore a Londra nel 1618 e Garcia de Toledo che descrivono un viaggio fatto alla miniera d’oro nell’Orinoco
La miniera è nominata, apparteneva al re di Spagna ma non era stata ancora scoperta! La storia ufficiale accenna a questo viaggio ma senza alcun riferimento alla miniera d’oro.
(La duchessa , a questo punto, mi mostra delle carte.)
In Africa, dove si diceva di andare a prendere l'oro, non c’era nulla perché in realtà ci si riferiva ad un'altra terra, infatti vi erano i corrispondenti toponimi in America. Tutti si riferivano a dei luoghi con toponimi simili che non erano in Africa ma in America. E quindi non potevano essere dichiarati. Tutti questi commerci che si facevano erano riferiti all’Africa ma in realtà erano in America come a Rio dell’Oro, a Capo de Aguel, a Capo de Vogador. Ecco dove ho trovato la chiave. In un archivio ho trovato un documento del 1463 che sancisce la cessione di un territorio tra Capo de Aguel e Capo de Vogador a dei Signori. Descrivendolo ne evidenzia la ricchezza: ci sono dei neri, dei fiumi molto pescosi e con una portata d'acqua tale da permettere di entrare con le navi. Evidentemente non si tratta di Africa del nord, in quanto non vi sono né fiumi pescosi né così grandi. Questi possedimenti dovevano trovarsi in Brasile e in America Centrale. Osservando molti documenti e grazie al fatto che il nome di Macapà si conserva ancor oggi in Amazzonia sono arrivata a questa conclusione.
Syusy: In quest’ottica tutto si spiega
Duchessa: Conoscete l’Isola di Mogador?
In tutte le guide turistiche è descritta come zona desertica; è dunque impossibile che nel XVII ci fosse della canna da zucchero. Vi è una descrizione del XVII secolo che descrive l’Isola di Mogador con fiori, foreste, fiumi e pascoli. C’è una città che si chiama Santa Cruz. Evidentemente si parla di Brasile. Nel 1600 Filippo III ha dei problemi perché gli olandesi vanno a cercare del sale vicino alle Canarie. E’ ciò che dice la lettera. Ma vicino alle Canarie non c’è sale!
Syusy: C'erano saline all'isola di Sal a Capo Verde; fosse quella?
Duchessa: Loro la chiamavano così ma invece, passando tra le Berberia e Forteventura nel Mar dei Carabi si va all’isola della Margherita poi all’isola del sale. Nel 1607 il Duca si rende conto che i toponimi sono cambiati: tra Santa Lucia e Matarino, nel Mare Piccolo.
Syusy: Il Mare interno dei Carabi
Duchessa: Si deve discendere lungo la costa da Santa Lucia e San Vincente. A 12 ore vi è l’Isola della Margherita, per giungere alla penisola di Araya dove c’è il sale. Se mettete i documenti insieme l’isola di Capo Verde è la penisola di Araya. Nel 1680 la dogana di Capo Verde doveva dare 5.000 ducati al re del Portogallo e forniva dell’oro, della canna da zucchero e molte altre cose. Vi erano 450 case. Nello stesso tempo gli storici portoghesi si riferiscono a Capo Verde dicendo che non devono nulla. Mi dispiace c’è qualche cosa che non funziona. Nell'isola chiamata Capo Verde c’era un commercio enorme. Ci sono dei documenti dove i toponimi sono citati. Senza dubbio si riferiscono alle famose saline di Araya ancora oggi utilizzate
Syusy: La sua è una ricerca e scoperta molto interessante, non capisco perché le debbano creare difficoltà per diffonderla. Qual è il problema oggi? Bisogna riscrivere tutta la storia? e va bene, riscriveremo i sussidiari di storia ma almeno diremo la verità! Non è un problema..
Duchessa: Per gli spagnoli si. In Spagna, sfortunatamente si. Bisogna proteggere la gloria spagnola. Io invece attacco la gloria spagnola.

Continua...

Tree of Men - Martina Bacigalupo

Martina Bacigalupo nasce a Genova, nel 1978.
Studia Lettere e Filosofia e poi si trasferisce a Londra, dove frequenta il London College of Communication, e dove trova - credo - il suo centro: la fotografia.
Viaggia. Si sposta: Parigi, Africa orientale, Burundi soprattutto.
L'impegno civile (collabora con Medici senza Frontiere, con le Nazioni Unite e con le Ong Human Rights Watch) si sposa con quello artistico, in maniera equilibrata, profonda e 'umana'.
Dalle sue foto, mi sembra di capire che l'Africa 'connetta' la sua anima all'anima del mondo.
Nel sito di Martina ci sono diverse gallery, tutte con un loro senso, tutte con un denominatore comune che può essere riassunto nella parola "umanità".
I reportage africani sono ottime narrazioni che non fanno sconti.
Le sue foto in bianco e nero sono dolci anche quando graffiano.
Amo soprattutto quegli scatti in cui la mente viene presa alle spalle, da dietro, fingendo di non riconoscersi..








sabato 2 ottobre 2010

Book therapy - Nino Salvaneschi






Spesso l’anima sonnecchia per anni e anni. Talvolta cade in letargo, anche in mezzo ad un’esistenza di turbine: non sono i giorni vestiti a festa quelli in cui l’anima vive. Ma ad uno svolto improvviso, svegliata da un misterioso campanello d’allarme, si desta e comprende che quella è l’ora di andare al di là della cerchia delle cose e delle passioni immediate, alla ricerca della verità intima e profonda che ora le necessita ad ogni costo. Una sventura, una malattia, un dolore determinano quasi sempre questi bruschi risvegli.
Molte volte, del resto, la morte ci sfiora, ma non ce ne accorgiamo. Se avessimo preso quel posto, se un semplice caso non ci avesse trattenuto, se fossimo partiti quel tal giorno, la morte ci avrebbe colpiti. Il caso ci ha salvati perché non era ancora l’ora per noi.
E continuiamo a vivere senza pensarci.
Veramente, siamo come dei fanciulli che giocano nel giardino dell’incoscienza. Dovremmo invece ringraziare il destino di aver fatto deviare la morte dalla nostra strada, ricordarci che ha le ali ai piedi e le mani senza guanti. E tener sempre pronti i nostri quattro stracci..

N. Salvaneschi, Consolazioni


Non so per quale ragione, ma questa pagina di Salvaneschi, profonda e intima, mi ha richiamato alla memoria quest’altra pagina, diversa, anzi diversissima: “Dal 1930 al 1950 si diffonde la pratica della morte in ospedale. Le cerimonie e il lutto si fanno sempre più contenute[…]. Alla morte spetta ora quel tipo di censura che in precedenza era stata riservata al sesso. […] Così come il sesso viene bandito dalla sfera pubblica, la morte lo è da quella privata”.