La Torre di Foucault vuole essere un piccolo laboratorio di psico-estetica, che si propone di scoprire se, e in che misura, l'uomo è un animale autobiografico, cioè un animale che scrive la sua storia. L'emergere del postumano si pone, qui, come un fatto..
sabato 11 giugno 2011
Tree of Men - Noam Chomsky
(Noam Chomsky, Filadelfia, 7 dicembre 1928)
NOAM CHOMSKY ha rivoluzionato gli studi di linguistica ed è uno dei maggiori critici della politica estera americana. Il «New York Times» l’ha definito «probabilmente l’intellettuale più importante dei nostri tempi». Tra il 1980 e il 1992 Chomsky è comparso 3874 volte nell’Arts and Humanities Citations Index, diventando l’essere vivente più citato in quel periodo e l’ottavo tra i personaggi più citati della storia umana.
Ha conseguito il dottorato in linguistica presso la University of Pennsylvania e insegna al Massachussetts Insitute of Technology, dove ricopre il ruolo di Insitute Professor ed è titolare della cattedra ferrari P. Ward di lingua e linguistica moderna.
Oltre ad aver scritto più di ottanta libri su linguaggio e politica, è uno degli oratori più conosciuti d’America e le sue lezioni e conferenze sono sempre affollatissime.
A partire dagli anni sessanta, grazie alla sua forte presa di posizione contro la guerra del Vietnam ed al suo notevole impegno politico e sociale, Chomsky si è affermato anche come intellettuale anarchico e socialista libertario. La costante e acuta critica nei confronti della politica estera di diversi paesi e, in particolar modo, degli Stati Uniti, così come l'analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali, lo hanno reso uno degli intellettuali più celebri e seguiti della sinistra radicale americana e mondiale.
Altre notizie si possono reperire nel sito www.chomsky.info
D – Crede che l’umanità stia facendo passi avanti in fatto di diritti e democrazia?
R – Beh! Facciamo passi avanti e passi indietro, è un cammino difficile da tracciare. Tutto sommato, parlando di diritti umani, credo che ci siano stati grandi progressi. Se parliamo di democrazia, la questione si fa molto più complicata. La democrazia formale si sta diffondendo sempre più. Quindi, la democrazia intesa come, diciamo, numero di persone che godono di diritto di voto sta aumentando. D’altro canto, si stanno rafforzando le barriere che impediscono l’applicazione concreta dei diritti democratici. Ecco perché in buona parte del mondo, compresi gli Stati Uniti, si sta diffondendo sempre più un senso di scetticismo e disillusione per la democrazia.
Per esempio, negli Stati Uniti, che sono una delle società più libere e democratiche al mondo, tre quarti della popolazione considera le elezioni presidenziali come una farsa, un gioco manovrato dai ricchi finanziatori e dall’industria delle pubbliche relazioni, che creano candidati fantoccio mettendogli in bocca cose che non pensano e nemmeno capiscono. Lo stesso succede in America Latina e in molte altre parti del mondo. Così, se la democrazia formale sta aumentando, ciò non vale per la democrazia sostanziale.
D – Cosa crede che si possa fare per estendere la democrazia, in America e nel mondo?
R – Il più grande filosofo sociale americano del XX secolo, John Dewey, una volta ha detto – credo correttamente – che la politica è l’ombra che le grandi imprese proiettano sulla società. Con ciò intendeva che laddove abbiamo grandi concentrazioni di potere e ricchezza privati, l’economia è caratterizzata sostanzialmente da sistemi dittatoriali. Un’azienda, fondamentalmente, è una dittatura, con ordini che procedono dall’alto al basso. Finché sarà così, la democrazia avrà gravi limitazioni. Per estendere la democrazia bisogna sconfiggere questa enorme concentrazione di potere e ricchezza, introdurre procedure democratiche all’interno di tutte le istituzioni e, come diceva Dewey, passare dal feudalesimo industriale alla democrazia industriale. Non solo nell’industria, ma in tutte le istituzioni. Si tratta di una visione tradizionale – Dewey non apparteneva certo alla sinistra estrema – e credo che sia corretta.
D – Come pensa che il linguaggio influenzi la coscienza e quello che percepiamo come realtà?
R – La percezione di una persona vale quanto quella di qualunque altra. Voglio dire, è l’introspezione perlopiù a regolare quel che conosciamo. Se ci prestiamo attenzione, ci accorgiamo che è un continuo parlare con noi stessi. È quasi impossibile passare un attimo di tempo senza questo dialogo interiore, e non è altro che una parte enorme della nostra coscienza. Una parte che prevalentemente si esprime con il linguaggio; o almeno, la parte che è accessibile alla nostra coscienza si esprime attraverso il linguaggio. Non è facile dire come influisca sul nostro pensiero, e in generale sulla nostra coscienza. Il fatto è che possiamo accedere ai nostri pensieri o alla nostra coscienza solo attraverso il linguaggio..
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