giovedì 16 giugno 2011

Tree of Men - Dean Radin



DEAN RADIN è uno psicologo specializzato nello studio delle anomalie relative alla coscienza umana, in particolare dei fenomeni cosiddetti paranormali o psichici. Ha condotto ricerche nel campo della telepatia, della psicocinesi e della precognizione presso la Princeton University, la University of Edinburgh, i Bell Laboratories, la SRI International e nell’ambito di un programma del governo americano. È stato presidente della Parapsychological Association, affiliata all’American Association for the Advancement of Sciences ed è Senior Scientist presso l’Institute of Noetic Sciences. Gli studi in parapsicologia sperimentale gli sono valsi nel 1996 l’Outstanding Achievement Award della Parapsychological Association e l’Alexander Imich Award del Rhine Research Center.
Radin, che ha conseguito il dottorato in psicologia e poi il master in ingegneria presso la University of Illinois, è anche autore o coautore di oltre duecento saggi scientifici e articoli, oltre che di uno dei libri più conosciuti in America sulla ricerca in campo psichico: The Conscious Universe. The Scientific Truth of Psychic Phenomena.
Altre notizie si possono reperire nel sito www.deanradin.com


Forse la sua ricerca più interessante è quella denominata “Progetto Consapevolezza Globale” (GCP) – una collaborazione volontaria di settantacinque ricercatori da tutto il mondo – di cui nel 1998 è stato cofondatore insieme a Roger Nelson, psicologo della Princeton University, e molti altri colleghi. Il GCP studia la possibilità che gli eventi a scala globale possano far convergere le menti individuali, fondendo le nostre coscienze separate in un insieme unificato e coerente che influenza la materia.


D – È davvero curioso constatare come questo campo di ricerca rimanga un tabù. La maggior parte degli scienziati con cui ho parlato o sono all’oscuro di tali ricerche oppure le respingono recisamente.
R – In parte ciò è dovuto alla convinzione che, se esperimenti di questo tipo fossero davvero validi, allora sarebbero già dovuti comparire su «Nature» o «Science», per la loro portata rivoluzionaria. Ma ciò che molti scienziati tradizionali non vogliono ammettere è che i pregiudizi non permettono l’affiorare di certi argomenti sulla stampa scientifica. Chiaramente, chi si occupa di un campo di studi controverso sa benissimo che certe cose non potranno mai arrivare alla stampa. Ma chi non ha mai lavorato in un settore tanto contrastato non sospetta nemmeno una cosa del genere. Non ha motivo di pensare che il pregiudizio prosperi anche nella scienza, esattamente come in altre attività. È davvero frustrante. Io e Rupert (Sheldrake) abbiamo parlato a fondo della cosa e stiamo cercando di spezzare questo ingranaggio, ma si tratta di un processo che richiede tempo. Il pregiudizio genere un’inerzia enorme, e non finirà fino a quando non si ergerà a contrastarlo una posizione affermativa. Sfortunatamente, in campo scientifico non ci sono equivalenti di un’azione affermativa. Così, come dimostra la storia, possono passare tempi lunghissimi prima che le idee scomode abbiano finalmente la meglio. Come ha detto Max Planck: «La scienza avanza per funerali».

D- Come crede che si siano evolute le varie capacità psichiche di cui sono capaci gli esseri umani?
R – È una bella domanda. Non sono sicuro che si siano evolute, perché credo che in questo caso abbiamo a che fare con qualcosa che, in un certo senso, precede l’evoluzione. Fa parte della struttura dell’universo. Dev’essere senz’altro così, poiché se si trattasse di qualcosa che si è evoluto, significherebbe che abbiamo creato il modo di trascendere lo spazio e il tempo, il che non ha senso. Come possiamo creare qualcosa che, da un punto di vista convenzionale, sarebbe una violazione delle leggi della scienza? Le cose non possono essere andate così.
Un altro modo di considerare la questione è di presupporre – ed è ciò in cui crede la maggior parte degli scienziati – che l’universo esista fin da prima della comparsa degli esseri umani, e che perciò non l’abbiamo creato noi con il nostro pensiero, facendolo comparire all’improvviso. Di fatto, siamo costretti a prendere per buona questa convinzione, altrimenti la scienza si fermerebbe, avremmo un universo solipsistico e tutto ciò che vorremmo fosse finirebbe per esserlo. Quindi dobbiamo partire dalla premessa che il mondo è dato e che noi ci stiamo evolvendo in esso. E se si può parlare di evoluzione, allora si tratta dell’evoluzione della consapevolezza che la struttura dell’universo non è così come la vedeva Newton. O forse lo è in un senso mistico, ma non nel senso fisico classico del mondo newtoniano e cartesiano.
D – Secondo lei è una parte intrinseca della struttura fondamentale dell’universo?
R – Sì, ci sono aspetti del mondo per i quali abbiamo cominciato ad usare il termine «non-località», che nessuno capisce bene, ma che a quanto pare indica qualcosa di fondamentale nella struttura dell’universo. Se fosse vero, come sembra alla luce delle teorie e degli esperimenti, allora i fenomeni psichici, sotto molti aspetti, sarebbero assolutamente prevedibili. Ci si può aspettare che, di tanto in tanto, la gente intuisca o faccia esperienza di questo genere di connessione.

D – Quali crede che siano le implicazioni più importanti della ricerca sulla parapsicologia?
R – La storia insegna che gli scienziati impiegano tempi lunghissimi per elaborare una precisa visione del mondo, finché non arriva qualcuno con un’idea balzana e rivoluziona tutto quanto. Allora si crea una gran confusione, poi le cose si placano di nuovo. Cicli simili si susseguono ad una velocità sempre maggiore. Prima ci volevano secoli, in seguito decenni, e ora è questione di sei mesi.
La direzione in cui la scienza sembra muoversi è perfettamente compatibile con l’idea esista una sorta di interconnessione profonda tra le cose. Una volta mi è capitato di parlare della sfera dei fenomeni psichici come di una terra di mezzo tra scienza e religione. Questo perché coinvolge molti dei fenomeni che fanno la forza della religione, vale a dire cose che sembrano soprannaturali, e quindi devono provenire da qualche realtà superiore. Eppure, tutte le nostre ricerche dimostrano che siamo noi al centro di tali fenomeni. Non sono causati da forze incorporee, ma proprio da noi.
Secondo questa logica – soprattutto alla luce delle culture orientali, e anche di alcune nozioni occidentali sulla creazione della realtà – e se ciò è davvero il risultato di un’interazione tra l’osservazione e qualcosa di informe che esiste fuori di noi, allora i fenomeni paranormali sono solo la punta dell’iceberg. L’evidenza sembra suggerire la validità di una visione del mondo pressoché solipsistica, che ci vede coinvolti in una creazione continua in virtù della nostra osservazione...

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