lunedì 27 dicembre 2010

Tree of Mind - Gli strani siamo noi



Laura Spinney..

Se state leggendo questo articolo, ci sono buone probabilità che siate weird (strani). A meno che i sondaggi di New Scientist siano sbagliati, il vostro retroterra culturale è sicuramente occidentale, colto, industrializzato, ricco e democratico, in inglese “western, educated, industrialized, rich and democratic”, in poche parole weird, una classificazione che vi distingue da sette abitanti del mondo su otto.
Ma perché scegliere un acronimo così dispregiativo? I weird appartengono sicuramente ad una minoranza, ma questo non significa necessariamente che siano strani. O invece sì?
Tutti gli esseri umani hanno lo stesso tipo di cervello, perciò è comprensibile pensare che quello che succede nella nostra testa sia normale. Anzi, la maggior parte degli psicologi lo dà per scontato. Quando vogliono sapere come funziona il cervello vanno a cercare i soggetti più adatti ai loro esperimenti. Da una rassegna delle ricerche pubblicate, è emerso che il 96% delle loro cavie era composto da persone che vivevano in paesi occidentali e industrializzati e più di due terzi erano studenti di psicologia.
Gli psicologi danno anche per scontato che i loro risultati siano applicabili al resto dell’umanità, ignorando il fatto che gli esperimenti sulle persone non weird  spesso indicano che la maggior parte degli esseri umani ragiona in modo molto diverso. Oggi questa differenza è stata dimostrata.
In un articolo intitolato “The weirdest people in the world” (Le persone più strane del mondo), Joe Henrich, Syeve Heine e Ara Norenzayan dell’Università della British Colimbia a Vancouver, in Canada, sono giunti alla conclusione che l’eccessivo uso da parte degli psicologi di soggetti weird  ha notevolmente condizionato la nostra idea dei processi cognitivi umani. Ovviamente esistono alcuni universali modi di pensare comuni a tutti. Ma la loro lista si va riducendo man mano che un numero sempre maggiore di studi interculturali rivela enormi differenze in aree cognitive fondamentali, dal senso dell’io al modi di ragionare, dalla moralità al modi di percepire il mondo.
La vera sorpresa di questa nuova meta-analisi, tuttavia, è che le persone weird sono spesso “anomale” e negli studi di psicologia si collocano alle estremità delle distribuzioni statistiche. I lettori di New Scientis (e quelli che lo scrivono) sono tra le persone più strane della Terra. Prendiamo, per esempio, la classica illusione ottica di Muller-Lyer, quella in cui, sebbene due linee siano della stessa lunghezza, la linea “a” sembra più corta della linea “b” semplicemente a causa del diverso orientamento delle frecce alle estremità. All’inizio degli anni ’60, lo psicologo MArshall Segal dell’<università dell’Iowa e la sua equipe misero alla prova la predisposizione di persone appartenenti a culture diverse a cedere a questa illusione. Modificarono la lunghezza delle due linee fino a quando gli osservatori non ritennero che fossero uguali e registrarono il punto di uguaglianza soggettiva (pse), vale a dire quanto doveva essere più lunga la linea “a” per apparire uguale alla linea “b”.
Il Pse misura la forza dell’illusione e Segal scoprì che gli studenti di Evanston, nell’Illinois, erano più soggetti al fenomeno, per cui bisognava aumentare la linea “a” del 20% prima che ai loro occhi risultasse uguale alla linea “b”. All’altra estremità dello spettro dei risultati, c’erano i boscimani del deserto del Kalahari, per i quali la differenza era quasi pari a zero. Non erano praticamente soggetti a questa illusione. Questa scoperta non è banale come si potrebbe credere a prima vista. Implica che un aspetto fondamentale della percezione, che fino a quel momento si credeva fosse innaturato e quindi comune a tutti, in realtà si forma durante lo sviluppo sotto l’influsso di alcuni aspetti della nostra cultura. Anche se siamo lontani dall’aver capito come si funziona questo effetto, Segall e i suoi colleghi suggerirono una possibile spiegazione: chi vive tra quattro mura, come i weird, probabilmente è condizionato dalla geometria del suo mondo, che lo rende più incline a quest’illusione ottica.
Perciò, se siamo weird, percepiamo il mondo in modo strano. Abbiamo anche uno strano modo di descriverlo. Per esempio, l’inglese, la lingua franca dei weird, si basa su un sistema per localizzare gli oggetti di tipo egocentrico, come fanno altre lingue europee. Quindi una persona che parla inglese dice: “Il poliziotto è a sinistra della mia macchina”. Per molto tempo si è dato per scontato che questo succedesse in tutte le lingue, ma poi sono cominciate a saltar fuori le eccezioni, che di solito comportavano un quadro di riferimento allo centrico, che colloca cioè gli oggetti in relazione a punti esterni a chi parla, come quelli cardinali (“Il poliziotto è a ovest della macchina”) o ad altri oggetti (“il poliziotto è tra la macchina ed il marciapiede”).


[CONTINUA]





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