martedì 28 dicembre 2010

Tree of Mind - Gli strani siamo noi II



[SEGUE]

Egocentrico io?

Nel 2009, Daniel Haun e Christian Radolpd del Max Planck Institute for Psycholinguistics di Nijmegen, nei Paesi Bassi, hanno scoperto un esempio sorprendente di come questi diversi stili cognitivi  influiscono sul comportamento. Hanno insegnato a un gruppo di bambini tedeschi weird  e di bambini namibiani appartenenti ad una cultura di cacciatori-raccoglitori una danza che prevedeva una sequenza di movimenti delle mani rispetto al corpo secondo lo schema destra, sinistra, destra, destra. Poi li hanno fatti girare di 180° e gli hanno chiesto di ripetere la danza. Quasi tutti i bambini tedeschi hanno riprodotto lo stesso schema, confermando il loro quadro di riferimento egocentrico, mentre i namibiani hanno riprodotto la sequenza sinistra, destra, sinistra, sinistra, indicando chiaramente che il loro sistema di riferimento era allo centrico, assoluto.
Con Asifa Majid e altri colleghi, Haun ha indagato i sistemi di riferimento spaziali in circa 50 lingue. Delle prime 20 lingue studiate, solo quelle parlate nei paesi industrializzati usavano più spesso riferimenti egocentrici. Dopo averne analizzate atre 30, la conclusione è rimasta la stessa. “Pensiamo che tradizionalmente le società di piccole dimensioni avessero questo schema di riferimento allo centrico e che il passaggio a quello egocentrico sia più recente”, dice Majid.
Un altro cambiamento che i weird hanno subito di recente ha buone probabilità di influire sul nostro modo di vedere il mondo. Lo psicologo Scott Atran dell’Università del Michigan, è convinto che di base gli esseri umani dividano gli oggetti naturali secondo il genere (per esempio, olmo, faggio, quercia), probabilmente perché in termini evolutivi conoscere le proprietà biologiche di un genere era più utili ai fini della sopravvivenza. Ma l’ignoranza della natura, sempre più diffusa nelle persone che vivono nelle società urbanizzate e industrializzate, implica la mancanza di questo tipo di conoscenza. In uno studio del 2008, Atran ha scoperto che gli studenti statunitensi usavano la parola “albero” per rifarsi al 75% delle piante che vedevano durante una passeggiata nella natura. In altre parole, i weird tendono a pensare alla natura in termini di forme di vita elementari, piuttosto che di generi. Ma Atran ha scoperto anche che il loro cervello tende ancora ad analizzare il mondo naturale come facevano i loro antenati. “Sebbene gli statunitensi non siano in grado di distinguere un faggio da un olmo, pensano che i processi biologici si svolgano a livello di faggi e di olmi, non di alberi”.
Se il nostro modo di vedere la natura è strano, la nostra concezione del sé lo è ancora di più, e questo ha notevoli ripercussioni sui rapporti sociali. Diversi studi hanno dimostrato che gli occidentali, in particolare i nordamericani e gli abitanti dell’Europa occidentale, hanno un maggior senso della propria individualità di quanto non ne abbiano i popoli dell’Asia orientale, che tendono a vedersi come componenti indivisibili di una comunità più ampia. La visione individualistica o collettivistica che abbiamo di noi stessi è usata per spiegare perché gli occidentali cercano di emergere dalla folla, mentre gli orientali tendono a confondersi. Questo è stato collegato anche al nostro modo di pensare. Gli occidentali sono più inclini a pensare in modo analitico,  sulla base di leggi e categorie, mentre gli orientali ragionano in modo solistico e presentano più attenzione agli schemi ricorrenti e al contesto.
Secondo lo psicologo culturale Shihui Han dell’Università di Pechino, ognuno di noi è capace di usare entrambi i tipi di ragionamento. “Ma il sistema culturale in cui si vive domina la mente ed il cervello della maggior parte delle persone”, dice. Se però esaminiamo gli esseri umani nel complesso, sembra che il metodo di ragionamento prevalente sia quello solistico. Secondo Norenzayan, per esempio, gli arabi e i russi, senza contare i contadini africani e sudamericani, preferiscono questo approccio. Il che significa che il ragionamento analitico è minoritario. Perfino tra gli occidentali viene applicato a vari livelli, e solo tra le persone più colte vi si affidano quasi completamente. In altre parole, i weird come voi e me sono un caso estremo. E non solo. Anche il nostro senso etico è anomalo. Lo psicologo Jonathan Haidt dell’Università della Virginia vede la moralità come “un’allucinazione consensuale”, un po’ come nel film Matrix, perciò condivide l’analisi interculturale di Henrich, Heine e Norenzayan. “Quando leggi l’articolo sui weird, è come se prendessi la pillola rossa di Matrix”, dice. “Pensi, oddio, sono in un mondo costruito a tavolino, ma ne esistono tanti altri”. La cosa particolarmente anomala della moralità weird è l’enfasisu concetti astratti come quello di giustizia e di diritti individuali. Anche altre società hanno questi concetti, ma la loro visione della moralità si concentra più sugli obblighi degli individui nei confronti della comunità e spesso anche degli dèi.

[CONTINUA]



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