Diversamente equi
Un fattore chiave della moralità è l’equità. Si è sempre pensato che il concetto di equità fosse un universale umano, ma in uno studio condotto con alcuni antropologi ed economisti, Henrich ha dimostrato che non è così. Lo scopo della ricerca era di individuare le differenze tra le culture in tema di equità usando un gioco in cui un soggetto offre una percentuale di una certa somma di denaro ad un altro, in modo anonimo, a condizione che se l’accetta, entrambi manterranno la loro parte, mentre se rifiuta, nessuno dei due avrà nulla.
I ricercatori hanno riscontrato enormi differenze di comportamento. Stranamente, i weird tendevano a fare le offerte più alte, intorno al 50%, e quando si trovavano dalla parte del ricevente spesso punivano che faceva un’offerta troppo bassa rifiutandola. I membri di comunità più piccole, invece, facevano offerte più basse e raramente punivano quelli che le facevano a loro. In altre parole, sceglievano l’approccio più razionale: dopotutto erano soldi regalati. Sempre più spesso sono le transazioni anonime come queste che fanno girare il mondo e l’èquipe di Henrich si è chiesta se fosse possibile individuare gli aspetti della cultura che influiscono sul comportamento delle persone in queste situazioni. In un articolo pubblicato a marzo, hanno dimostrato che è possibile prevedere le offerte sulla base di due fattori culturali relativamente recenti: l’economia di mercato e la religione organizzata. Hanno infatti scoperto che più una cultura pratica scambi commerciali e appartiene ad una delle grandi religioni del mondo come il cristianesimo o l’islam, più è probabile che le persone siano generose con gli estranei.
L’atteggiamento punitivo, invece, è più legato alle dimensioni della comunità. “Nelle comunità composte da una cinquantina di individui, questo atteggiamento non esiste”, dice Henrich. “Ma quando si arriva a cinque o diecimila, qualsiasi offerta diversa dal 50% sarà punita”. Quindi, a quanto sembra, le idee dei weird sull’equità riflettono le norme e le istituzioni che si sono sviluppate per oliare gli ingranaggi delle interazioni sociali nelle grandi comunità. I nostri antenati preistorici non avevano lo stesso senso di equità e non lo ha neanche la maggior parte dei nostri contemporanei.
Forse non dovremmo sorprenderci se la nostra psicologia differisce tanto da quella della maggior parte degli esseri umani. Dopotutto, se la cultura influisce sul nostro modo di pensare e quella weird è così lontana dall’ambiente sociale in cui la nostra specie si è evoluta, è normale che siamo noi a rappresentare un’anomalia. Il problema è che quasi nessuno di noi la pensa così. È per questo che l’articolo sui weird avverte implicitamente i ricercatori occidentali di guardarsi dai loro pregiudizi e da quelli che possono aver inserito nei loro strumenti di ricerca. Nel test standard per il calcolo del quoziente intellettivo, per esempio, ci sono domande per le quali una risposta analitica è considerata corretta e un’eventuale risposta solistica scorretta. La maggior parte dell’umanità darebbe la risposta “sbagliata” a quelle domande.
Per gli psicologi, il messaggio più importante è che prima di trarre conclusioni sulla psicologia umana bisognerebbe allargare la scelta di oggetti esaminati o applicare quelle conclusioni solo al sottogruppo a cui appartengono i soggetti del loro studio. Per quanto riguarda voi, la prossima volta che vedete un documentario sui boscimani o sugli indigeni dell’Amazzonia, ricordatevi che gli esotici non sono loro.
Laura Spinney, New Scientist, Gran Bretagna